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The Wicker Man (1973) Extended Version

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Pellicola horror inglese diretta da Robin Hardy, e interpretata da un intrigante Christopher Lee. Se posso permettermi devo dire che ci troviamo davanti a un musical horror, in quanto la colonna sonora si affianca al ruolo dei protagonisti nella narrazione della storia. La musica e le parole sono originali (tranne alcuni brani che sono presi dalla tradizione popolare), e sono scritti per rafforzare la narrazione, spesso dagli stessi abitanti del posto, come un coro del teatro greco. La musica prende molto della tradizione e degli strumenti celtici e medievali della Scozia (posto in cui è ambientato il film), ma scritti appositamente per la pellicole senza utilizzare il pur vasto repertorio disponibile.

La storia parla di un integerrimo, bigotto e molto “de coccio” ufficiale di polizia, che riceve una lettera per un rapimento avvenuto in una delle isole private che fanno parte della sua area. Appena arrivatò si scontrerà con l’ostilita e la distanza degli isolani, che vivono completamente tagliati fuori dal mondo esterno e non accetteno di buon grado dei forestieri; sia dal fatto che sono legati in maniera molto fervente alla religione dei “vecchi Dei”, cosa che si scontra profondamente con la personalità e il credo del nostro protagonista.

Mi sento di dire che sia una delle pellicole più originali e interessanti che mi sono trovato a vedere nel genere Horror. Sia per l’accompagnamento musica che è indispensabile per la comprensione della storia, sia per la storia stessa. L’ho trovato molto ben fatto anche se è stato girato con molta fretta e con un budget molto ridotto, ma questo deficit non si nota per una cura molto maniacale e precisa dei dettagli. Ultima nota, il wicker man del titolo parla dell’uomo di paglia dato alle fiamme, di derivazione celtica, ne comincia a parlare Giulio Cesare nel commentario dal Debello Gallico, ed è una tradizione molto sentita ancora nel mondo occidentale, per cominciare dal grandioso Burning man festival, per arrivare a tradizioni molto radicate anche in Italia di cui Fellini fa una citazione dentro Amarcord, tutte tradizione legate al culto della fertilità.