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La parola ai giurati (12 angry men) 1957

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Diretto da Sidney Lumet, basato su una sceneggiatura televisiva di Reginald Rose di qualche anno precedente.

Una giuria si trova a dover decidere all’unanimità del destino di un ragazzo processato per omicidio. Sono tutti d’accordo per la colpevolezza tranne un giurato che proverà a far cambiare idea agli altri 11 mentre . Questa semplice storia viene portata avanti all’interno della stanza di consiglio dei giurati durante tutto il film. Sensazine continua di claustrofobia e ansia che si spargono sempre di più mentre la storia si svolge. Tutto è svolto sempre e solo all’interno della stessa stanza che si riempie di pregiudizi sempre più forti e scontri di idee tra le persone. Come dicevo per lifeboat, è difficile fare un intero film all’interno di un singolo posto con le stesse persone, ma anche in questo caso il film ci è riuscito.

Ci troviamo davanti a un interessante esperimento per l’epoca essendo uno dei primi film basati su vicende legali e antesigniano del genere legal thriller, insieme ad “Anatomia di un omicidio”. Si riesce bene a creare suspance e colpi di scena che tengono vivo l’interesse per il film. Ovviamente se uno cerca un po’ di azione ha sbagliato film

Audrey Rose (1977)

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Pellicola diretta da Robert Wise e basato da un racconto omonimo di Frank De Felitta.

Ci troviamo davanti a un Antony Hopkins che fa lo psicopatico, ma non quel tipo fico come Hannibal Lectar, una trama che sembra la versione da pomeriggio di canale 5 dell’esorcista che sfocia pure nel legal in un certo momento, e una bambina posseduta. Tutti gli ingredienti per avere davanti un film da evitare. Tecnicamente il film è ineccepibile, buona la fotografia, gli attori, la regia, il montaggio. Ma tutto il resto manca, non c’è nulla di interessante e che ti faccia venire la voglia di vederlo; Già dopo la prima mezz’ora è cominciato il tedio che si è protratto sempre peggiore fino ai titoli di coda che si sono dimostrati la parte migliore del film. Penso che uno spettatore si aspetti di vedere qualcosa che lo “sconvolga” in questo tipo di film, invece ci troviamo un film piatto e monotono, senza la suspance necessaria in questo genere di film. Da starne il più possibile alla larga, secondo me.

La cosa da un altro mondo (The Thing from Another World) 1951

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Film di fantascienza del 1951 diretto da Christian Nyby (anche se alcuni dicono che in realtà dirigesse Howard Hawks), basato dal racconto di John W. Cambell omonimo.

E’ la terza volta che scrivo una introduzione simile a questa, ma in realtà è il primo film in ordine cronologico basato su questo racconto. Da parte dei successivi due film non c’e’ nulla di ripreso da questo film se non almeno due omaggi, se ce sono altri non li ho visti, da parte del film di Carpenter: Come viene scritto il titolo di testa, e alcune delle immagini che trovano sulle videocassette. Ovviamente sulla seconda non sono sicuro della fonte finchè non riesco a trovare e leggere il racconto.

In una base artica statunitense viene trovato un “velivolo” sconosciuto e chiamano l’aereonautica statunitense per indagare in questa base. Classico inizio di quella che si va a delineare come una missione di ricerca su un organismo che non proviene da questo mondo. Il film, rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare è molto farcito di dialoghi piuttosto che di azione insensata; non c’e’ nessun senso di claustrofobia che si percepisce nei vari remake, ma un senso più di legato alla fantascienza classica di lotta tra il bene e il male. Ma il male non viene interpretato solamente dalla creatura ma dalla diffidenza degli scienziati che è insita nella cultura americana dell’epoca, in quanto il capo spedizione di dimostra di essere molto piu’ l’antagonista della Creatura. Al di fuori di tutto ritengo che sia un ottimo esempio di fantascienza classica che va visto nel quadro dell’epoca in cui venne girato senza sottoporlo a paragoni che non avrebbero senso con opere più recenti

Il club dei trentanove (The 39 Steps) 1935

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Piccolo gioiellino girato da Alfred Hitchcock in Inghilterra nel 1935 e basato sul romanzo “i trentanove scalini” di John Buchan.

Un uomo va a uno spettacolo di rivista e si trova coinvolto in una serie di eventi che culminano col salvataggio dei segreti della nazione. Questo è il massimo che si può dire riguardo la trama. Per quanto riguarda il film posso dire che è spettacolare quanto una storia a tinte fosche possa in realtà essere paragonata a una commedia leggera in molti punti. Il mix di queste due parti rende il film veramente particolare e interessante da vedere. L’unica nota negativa sono i lunghi inseguimenti a piedi che sembra abbiano ancora un qualche legame con i film muti, perche’ spesso mi viene in mente la classica fuga dai poliziotti delle comiche mute. Mi sento in ogni caso di consigliare la pellicola in quanto anche se ha qualche piccolo neo dato dall’età della pellicola, l’ho trovato un film da vedere

I tre giorni del Condor (Three Days of the Condor) 1975

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Riduzione cinematografica del libro “I sei giorni del condor” di James Grady (libro che ho lasciato a metà a spero di riuscire a finire prima o poi), diretto da Sydney Pollack con un cast di grandi attori del periodo.

In un dipartimento secondario della CIA, dove si occupano solamente di leggere ed analizzare libri, un impiegato va a comprare la colazione, e al ritorno trova tutti morti. Da questa situazione partono una serie di eventi che si susseguono con i tipici colpi di scena di un film di spionaggio e con i primi elementi del tecnothriller che ritroveremo 20 anni dopo. Opera magistrale che ha condotto alla nomination per l’oscar per il montaggio nel 1976 e la vittoria del David di Donatello per la regia. Essendo un spymovie non è facile dire altro senza “rompere le regole” dell’evitare lo spoiler, ma è abbastanza interessante da lasciare spesso a bocca aperta lo spettatore, tranne in alcune parti lente all’inizio del secondo giorno. Dobbiamo pure ricordarci che film uscì subito dopo il caso Watergate e contiene al suo interno molte critiche sull’operato e sul ruolo di politica estera degli Stati Uniti. Altro non si può dire, ma non fidatevi di nessuno!